di Michele Mignogna
Il Governo tecnico di Mario Monti ha deciso che in Molise non esiste più lo “stato di criticità post-sisma”, tema sul quale i sindaci molisani, in maggioranza di centro destra, hanno levato scudi e barricate, ma senza, almeno per il momento, ottenere nulla in cambio. Non resta che le solite rassicurazioni del presidente della Regione e Commissario alla ricostruzione Michele Iorio, che continua a ripetere come un mantra, “state tranquilli, perché la proroga arriverà”. Saprà evidentemente qualcosa che gli altri comuni mortali molisani non sanno, ma detto questo dovremmo anche interrogarci sui risultati ottenuti in questi 10 anni di ricostruzione, partendo da quelli di chi ha gestito il dopo sisma: politici, tecnici e faccendieri vari. Si può ancora, a due lustri dal mini-terremoto molisano, avanzare richieste per una ricostruzione che ad oggi non arriva al 35% del totale? E parliamo della sola classe A, le prime ed abituali abitazioni, per intenderci. Ebbene, crediamo ci voglia una buona dose di faccia tosta, per continuare, ancora, a piagnucolare con il cappello in mano. In Molise sono arrivati la bellezza di quasi un miliardo di euro di fondi che dovevano servire alla ricostruzione, esclusi, ovviamente, i fondi per la sola San Giuliano di Puglia, e di questi buona parte sono serviti a finanziare progetti discutibili sotto ogni aspetto. Ma non solo, se consideriamo che la sola macchina commissariale costa agli italiani a bellezza di 10 milioni di euro, ci rendiamo conto di come, il vizio tutto meridionale di far diventare le emergenze normalità, è ben più radicato di quanto noi pensiamo. Ma poi, quanto è costato il terremoto molisano agli italiani? Il conto lo ha fatto il giornalista di Repubblica Antonello Caporale nel libro “Terremoti SPA”, in cui evidenzia come il terremoto molisano appunto sia stato, fino ad oggi, il più costoso in assoluto, e con i peggiori risultati in assoluto, lo Stato ha sborsato in questi 10 anni ben 27.027 euro, pro-capite per ogni senza tetto, per quelli cioè che aspettano ancora la ricostruzione della loro unica abitazione, contro i 4.810 dei terremotati di Marche e Umbria, i 7.889 per quelli dell’Irpinia, e 23.718 per i terremotati dell’Abruzzo. Avete letto bene, in Molise il terremoto è costato ventisettemila euro per ogni terremotato, ma come è stato possibile? Semplice, grazie ai magheggi del commissario che ha fatto diventare, a mezzo decreto, comuni terremotati, tutta quelli della provincia di Campobasso. Finanche quei comuni che si trovano a centinaia di chilometri dal cratere hanno il loro ufficio sisma, i loro tecnici, i loro contributi e via dicendo, a scapito, senz’altro, di quei comuni che realmente hanno subito il sisma, che sono poi i soli14 comuni del cratere (l’area frentana, per intenderci) ed anche qui qualcuno deve ancora spiegare bene quali sono i comuni più colpiti e quindi bisognosi di attenzioni. Alla luce di tutto questo è ancora possibile continuare a chiedere soldi, oppure i molisani devono chiedere, una buona volta, una commissione d’inchiesta con pieni poteri, per far luce su quanto è successo? Così magari qualcuno potrà chiedere ai commissari per la ricostruzione quante pratiche ha svolto il comune di Termoli, dichiarato terremotato per decreto. Eppure Termoli si avvale del suo ufficio sisma con 3 dipendenti pagati con i fondi per la ricostruzione. Oppure il comune di Spinete, in cui il terremoto è stato visto solo in televisione? O addirittura Riccia? Magari qualcuno potrà occuparsi di come i tecnici hanno fatto stime e progetti. Perché il problema è proprio qui, se non sono bastati i soldi, è perché sono stati spesi male, e se sono stati spesi male qualcuno ne dovrebbe dar conto. Ma tutto questo è potuto accadere anche grazie al fatto che a differenza di altre zone terremotate, in Molise non c’è stata una legge ad hoc per la ricostruzione, ma sono state utilizzati solo decreti commissariali. Il problema è poi che oltre a pochi consiglieri regionali che reclamavano a gran voce una legge per il terremoto molisano, nessuno l’ha voluta fino in fondo, ed anche lo stesso sub commissario Nico Romagnuolo in una intervista ha detto che il “problema non è una legge, perché le ordinanze quando ci sono funzionano benissimo”. Già, quando ci sono le ordinanze, quando mancano però si finisce con le terga a terra. Infine c’è la questione più spinosa, ovvero che fine faranno i dipendenti degli uffici sisma dei comuni “terremotati” 250 unità circa, ebbene anche qui va fatta chiarezza partendo dal fatto che questi dipendenti sono stati assunti, direttamente dalle amministrazioni locali, per conoscenza diretta, ed il loro contratto è strettamente legato all’emergenza post sisma, per cui va da se che nel momento in cui cessa l’emergenza cessano anche questi contratti. Il problema è che, giustamente, i 250 dipendenti pretendono di essere assunti stabilmente o dalla Regione o dai comuni in cui prestano la loro opera, richiesta giustificata dal fatto che in questi anni hanno raggiunto livelli di esperienza nel settore che potrà servire anche in futuro, ma chi si carica l’onere di queste assunzioni? E come faranno gli enti locali a pagare ulteriori stipendi quando addirittura hanno difficoltà a pagare quelli in corso? E chi e come spiegherà, ai tanti precari e disoccupati di questa regione, che loro non hanno avuto la fortuna di essere simpatici a questo o quel sindaco, o allo stesso commissario Iorio? Ma soprattutto come sarà giustificata questa ulteriore spesa? Nessuno lo sa, una cosa però è certa, e cioè che lo stesso lavoro fatto fino ad oggi dagli uffici sisma, può essere fatto tranquillamente dagli uffici tecnici dei comuni, e dall’ufficio urbanistico della regione Molise, né più né meno.