di Michele Mignogna
La scure del Governo Monti si è abbattuta inesorabilmente anche nel Molise terremotato. Non è stato infatti prorogato lo “stato di criticità”, che dava l’opportunità ai comuni di lavorare ancora in una sorta di "emergenza". Da qui, la mobilitazione dei sindaci dei paesi più colpiti, che dopo 10 anni, e quasi un miliardo di euro spesi, si ritrovano con appena il 40% circa della ricostruzione della cosiddetta classe A, ovvero le sole case di prima abitazione, a queste vanno aggiunte le altre classi fino alla C, che stando cosi le cose non saranno ricostruite. Nel 2010, l’allora governo Berlusconi ritenne che lo stato di emergenza poteva anche terminare, e per dare possibilità ai comuni di completare la ricostruzione si inventò, di concerto con Guido Bertolaso, ancora a capo della Protezione Civile, lo stato di criticità, finanziato per il tramite dello strumento delle ordinanze, e che permetteva alla Regione e ai Comuni di mantenere in piedi, ad esempio, gli Uffici sisma, un ufficio dedicato alla ricostruzione, con tre tecnici assunti con contratto di collaborazione, oppure l’autonoma sistemazione, un contributo concesso a chi aveva dovuto lasciare la propria abitazione e in attesa di rientrarci aveva magari trovato una casa in affitto. Ebbene oggi i comuni hanno gli uffici chiusi e i cittadini, che aspettano ancora che gli sia ricostruita l’abitazione, dietro le porte per chiedere informazioni sul futuro.
Un terremoto quello del Molise, che in molti hanno definito “terremotino” e che se non fosse stata per l’immane tragedia della scuola di San Giuliano di Puglia, nessuno ricorderebbe, o addirittura, avrebbe conosciuto. Ma come sempre accade, le tragedie servono ai politici e ai faccendieri, per accrescere le loro ricchezze, ed il loro potere elettorale, e cosi è successo in Molise, dove se vogliamo, le esagerazioni sono state veramente troppe, la prima in ordine di tempo è senz’altro quella di aver inserito nella lista dei comuni terremotati, l’intera provincia di Campobasso, 84 comuni, che per la regione sono da considerare terremotati, poi non interessa se ad esempio, telefoni al comune di Sa Massimo, e non ti sanno dire nulla sulla ricostruzione, oppure Termoli, che avrà evaso si e no 7 – 8 pratiche, mantenendo un ufficio e tre impiegati per tutti questi anni. Mentre per l’area maggiormente colpita, la definizione data è quella di cratere sismico, e comprende 14 comuni dell’area frentana, e che a conti fatti, hanno ricostruito solo il 40% delle abitazioni, con casi estremi come il comune di Bonefro in cui la ricostruzione è partita solo lo scorso anno, e Castellino del Biferno, anch’esso in forte ritardo.
Per questo motivo i sindaci dei comuni più colpiti sono sul piede di guerra e chiedono risposte certe ed immediate al governo sulla proroga dello stato di criticità nell’area terremotata. L’occasione è l’ennesimo incontro che s è tenuto a San Giuliano di Puglia, paese simbolo del terremoto molisano, alla presenza del delegato regionale alla ricostruzione Nico Romagnuolo, secondo il quale Iorio ha ricevuto rassicurazioni da Catricalà che la proroga ci sarà, ci sono stati problemi di valutazione, sulla bollinatura, il controllo cioè della ragioneria dello stato, senza questo controllo il decreto non può essere promulgato, non solo, i sindaci stessi non sapevano nemmeno di questa norma, introdotta negli anni 70 a garanzia di un maggior controllo sull’erogazione di fondi pubblici, e che a quanto pare per le situazioni di emergenza non veniva usata.
Ad oggi però i primi cittadini devono decidere cosa fare da qui alla proroga, la prima cosa potrebbe essere quella di fare un documento direttamente al ministero dell'economia, per far capire quali sono le condizioni in cui i sindaci operano, e soprattutto evidenziando anche come una buona parte di economia legata alla ricostruzione in questo modo viene a mancare con la conseguenza disastrosa di perdita di posti di lavoro. Ma dagli incontri dei sindaci di queste settimane emerge anche un’ altra linea, quella cioè tra i sindaci più attendisti, diciamo cosi, e quelli che invece insistono sul fatto che bisogna coinvolgere i deputati ed i consiglieri regionali che devono farsi carico del problema nei confronti del governo monti.
Resta però il fatto che la situazione sta precipitando, per cui sembra strano che la deputanza molisana, non conosca la situazione oppure, si vergognano del fatto che dopo 10 anni, bisogna ancora andare, con il cappello in mano, a chiedere ulteriori fondi al Governo, che farebbe bene a questo punto ad accertare, nei fatti, come sono stati spesi i finanziamenti ottenuti fino ad oggi.