Domenica 29 Maggio 2011 08:24

L'Aquila: Gasbarrini, il popolo delle carriole e l'imbroglio del signor b

Scritto da  Michele Mignogna
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Antonio Gasbarrini, è un critico d’arte e giornalista dell’Aquila, ma soprattutto è stato il fondatore dell’ormai famoso popolo delle carriole che la domenica mattina si reca nel centro storico della città abruzzese per cercare di liberarla dalle macerie che giacciono ancora li in bella vista, autore del libro “J’Accuse. Il terremoto aquilano la città fantasma e l’inverecondo imbroglio mediatico del signor b.”, dove ha voluto raccontare come si vive oggi all’Aquila e con quali aspettative, quello che ne esce è un quadro drammatico che fa riflettere su ciò che è successo la notte del 6 aprile 200, il testo tra l’altro nasce completamente su internet, con testimonianze ed esperienze di tanti giovani, lo abbiamo incontrato per farci raccontare la loro esperienza

“Ho lanciato con un libro il mio j’accuse – inizia cosi Gasbarrini - , all’immobilismo del governo e del mondo politico nei confronti del terremoto abruzzese. Noi abbiamo vissuto sulla nostra pelle la manipolazione dell’informazione, ed il critico d’arte, quello militante ha l’obbligo di smontare i comportamenti artefatti, ma soprattutto gli imbrogli che si vogliono fare, per questo quando insieme ad altri amici, intellettuali e non, ci siamo accorti che le cose non funzionavano secondo canoni civili, e poi spiegherò perché, abbiamo deciso ed io ne sono stato promotore di fondare l’ormai famoso popolo delle carriole. Io in prima persona sono stato filmato dalla digos. Identificato decine di volte, fermato un sacco di volte e addirittura mi hanno sequestrato la carriola con la quale la domenica, insieme ad i miei concittadini aquilani andavo a rimuovere le macerie dal centro storico dell’Aquila. Surreale vero? Io chiedo se ad un qualsiasi altro cittadino, mettiamo anche che giri per Roma, o Campobasso, con una carriola, se le forze dell’ordine posso avvicinarsi e sequestrargliela come fosse un attrezzo eversivo.

Ma oggi invece com’è la situazione, che aria tira?

Che aria tira. Guardi semplicemente vi invito a venire all’Aquila per vedere come viviamo, se andate nelle casette che io definisco cimiteriali che si susseguono lungo 30 chilometri, ospitano solamente 14 mila cittadini a fronte di 70 mila, bene in questa situazione scoprirete che questi abitanti non possono ricevere visite, gli addetti alla sorveglianza possono, per assurdo, entrare in qualsiasi ora, anche di notte, per controllare se ci sono gli occupanti, e se ci si allontana per una settimana bisogna comunicare dove si va, a far cosa e per quanto tempo, alla struttura di gestione e di controllo. Quindi questa cosa come la definiamo se non come sospensione della democrazia! E quindi la mia città, l’Aquila, che non ha più nulla, con uno scatto d’orgoglio ha iniziato a reagire, non solo, voglio anche ricordare che a Roma in una manifestazione organizzata dai terremotati abruzzesi per chiedere conto degli interventi di ricostruzione e dei tempi necessari, siamo stati manganellati, ora qualcuno mi spieghi se in qualsiasi altra parte del mondo, le vittime delle tante sciagure che si susseguono vengono manganellati perché chiedono conto del proprio futuro di cittadini, è qui l’assurdità dei governanti. Un potere protervo, che all’Aquila ha fatto di tutto anche prima del terremoto, vi ricordo i soggetti della cosiddetta cricca, che alle tre e trentadue di quella notte ridevano nei loro letti per gli affari che avrebbero fatto da li a qualche ora, oppure, ma questo lo aveva già detto anche Roberto Saviano, le case costruite con la miscele che contenevano quantità spropositate di sabbia e poco cemento e che sono venute giù come castelli di carta, una gigantesca speculazione edilizia che alla fine ha presentato il conto.

Com’è oggi l’Aquila e come si vive?

Oggi l’Aquila è una città impalata, immobile, fantasma oserei dire, girando per la città oggi vi sorprenderà il silenzio tombale, rotto solo dai mezzi delle imprese che rimuovono le macerie ed iniziano a ricostruire, colpisce la mancanza dei fiori sui balconi, si vedono ancora le case aperte a metà con le camere visibili dalla strada, e pensate quindi a cosa deve essere stato quella notte, insomma i ricordi che avete di San Giuliano, ma molto più amplificati. In poche parole si respira, a naso, la morte. Per questo non possiamo stare zitti e fermi.

Quali speranze avete per il futuro, dopo questo quadro drammatico?

Anche qui devo risponderle drammaticamente, a l’Aquila i muri sono tappezzati di manifesti mortuari, di gente anziana che si lascia andare, ai quali hanno tolto definitivamente le loro abitudini, la piazza in cui incontrarsi, il negozio in cui fare la spesa e via dicendo, e questa cosa preoccupa tanto che la definizione che mi viene è suicidio collettivo, cosi come è aumentato a dismisura il consumo di anti depressivi, è una città attualmente distribuita su 30 chilometri distonica dal resto dell’Abruzzo. Ma la cosa ancora più drammatica è che l’aver fatto questi agglomerati, che qualcuno si ostina a chiamare new town, senza nessun servizio aggiuntivo per cui se devi comprare un pacco di sale devi andarci in macchina, questo determina una morte civile di un luogo, casette che sono costate ai contribuenti 3 mila euro a metro quadro, contro i mille effettivi, chi ci ha guadagnato? Chi si è intascato tutti questi soldi? In buona sostanza l’Aquila è diventata un grande laboratorio dell’eversione, perché abbiamo capito che l’unica strada è la lotta, l’antagonismo rispetto al potere politico ed al potere finanziario che vuole mettere le mani sulla ricostruzione, vede oggi l’Aquila è un avamposto dell’antagonismo e sa perché? Non avendo noi un posto dove riunirci abbiamo occupato per ben sei volte il comune per farci dare una tenda, sotto questa tenda il laboratorio della democrazia, il laboratorio della rinascita ed il laboratorio dell’antagonismo si sperimenta giorno per giorno con uno zoccolo duro di cittadini che sono tanti giovani e soprattutto donne, che oggi danno linfa vitale ad un popolo che vuole rinascere al più presto e all’Aquila.

Michele Mignogna

Pubblicato in Abruzzo