Qui, a quest'ora ed in questa giornata della settimana – domenica- si dovrebbero sentire e vedere cose che non ci sono più.
Si dovrebbero sentire, insieme alla leggerezza della domenica, una radio accesa in lontananza, il rumore di un fon che viene da una stanza la cui finestra è subito serrata da un'ombra timida.
Si dovrebbe sentire l'odore del sugo della domenica, le risate, i telegiornali, le telecronache dei campi sportivi, il rumore della forchetta che sbatte sul piatto, si dovrebbe sentire l'ardore di questo sole accendere le pietre di cui era fatta questa città.
Invece le pietre sono fredde e silenziose; l'acciaio le barda, migliaia di tubi e giunture e bulloni.
E case nude, private della loro dignità di abitazioni, sventrate, stuprate. Porte scardinate, finestre dai vetri rotti e spalancate verso il nulla, mobili spostati, reti di letti deformi, arti metalici nell'atto del lamento, buttati in strada.
E poi un piccolo e sgonfio pallone, di quelli economici, di gomma scadente, bianco con piccole forme geometriche nere, pieno di polvere, come le strade le case e gli umori.
Pieno di polvere e sgonfio incastrato su di una pietra impolverata, è il simbolo di quello che rimane, della vita che si è spostata altrove, è la fine delle storie, dei passaggi, degli avvicendamenti di secoli; pietre e oggetti apparentemente muti ma pregni delle vite che una volta l'abitavano.
-Qui sarà morto qualcuno
-E li allora?
-Li dove?
-Li in direzione del comignolo rosso, scendi con lo sguardo, la vedi la bandiera della pace attorcigliata su quel filo dell'alta tensione? Li abitavano sicuramente degli studenti.
-è davvero terribile.
-Già, lo è proprio
saranno usciti vivi da li sotto?
-Lo spero.
La speranza è dei giusti, ma non ricostruisce le case ne tanto meno resuscita le persone.
Se non muori per l'impatto con i mattoni, il legno ed il cemento, c'è il rischio che tu muoia soffocato dalla polvere. Guarda quanta ce n'è, ha ricoperto l'intera città.
Ne ho sputata dai polmoni per una notte intera, nera e vischiosa, attaccata alla mia saliva, quasi pensante e ribelle, dentro i miei polmoni indolenziti; ne ho sputata per dieci, mischiata al sangue, al dolore, alla lacrime di quella notte.
-Tu dov'eri?
-Ero tra Via Forte braccio e Costa Masciarelli.
-Bella zona.
-Già.
Mentre le sirene di due misere volanti correvano da una parte e l'altra della città, impazzite, con un compito più grande di loro, mentre una sola ambulanza caricava feriti non sapendo dove portarli, perché anche il “nuovo” ospedale era crollato, una truffa fatta di sabbia di mare, un truffa che è costata vite umane.
Mentre la gente in strada impazziva di dolore ad ogni rombo della terra, era come stare in migliaia su di una bocca gigante la cui unica volontà era quella di volersi spalancare, di urlare.
Mentre in molti rischiavano la vita scavando a mani nude per salvare i propri cari o degli estranei o il vicino di casa che fino al giorno prima neanche gli rivolgeva la parola.
Mentre noi eravamo sanguinanti sotto le macerie, già morti o con il dolore delle ferite nel corpo ed una lenta agonia da scontare.
Mentre i padri e le madri piangevano sui corpi dei figli, mentre i figli guardavano le stanze dei genitori sommersi dai calcinacci, inaccessibili anche all'aria.
Mentre una vecchia allampanata giocava a carte in quel che rimaneva del suo appartamento, indovinando una scopa alla moglie del dottore, la sua migliore amica, morta ormai da dieci anni.
Mentre un ragazzo di diciannove anni, rimasto solo in casa quel week-end, rimane immobile in mezzo al vortice di emozioni che lo travolgono, cieco senza i suoi occhiali aspetta che qualcuno scelga per lui, lo prenda per mano lo porti via da qui, da sua madre e suo padre.
Mentre metà famiglia è morta perché nella metà di casa sbagliata.
Mentre rimani l'unico di tutti i tuoi amori.
Mentre ti chiedi stupidamente “perché?”
Mentre ancora non ti rendi conto.
Mentre questo e molto altro accadeva quella notte, c'erano già gli specialisti pronti, pronti ad insabbiare le incompetenze ed i calcoli sbagliati, di Boschi, Cialente, Bertolaso e tutti gli altri.
C'era già chi sapeva che non avrebbe mai pagato per aver giocato con le vite delle persone, in cambio di soldi, la vecchia storia fatta di cemento impastato con il sangue.
C'era chi pensava a sfruttare la situazione per riabilitare una sfavillante carriera politica.
C'era chi rideva, rideva di noi.
Fabio Zavatta