Lunedì 12 Marzo 2012 10:11

In ricordo di Adriano Mantovani

Scritto da  Stefano Ventura
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Adriano Mantovani, un ricordo

 

di Marco Leonardi e Raffaele Bove

 

Nella notte tra il 5 e il 6 marzo 2012 è mancato Adriano Mantovani.

L’espressione “mancato” in questo caso non è un eufemismo per lenire la durezza della notizia della morte di una persona.

Si tratta invece della rappresentazione di un vuoto che non sarà facile colmare, dal punto di vista scientifico, politico e umano.

In Mantovani queste tre dimensioni non sono mai state separabili, e hanno plasmato una personalità forte, con la quale ci si poteva anche scontrare, ma che non era possibile ignorare.

Una personalità così forte che è stata capace di fare scelte ben al di fuori degli schemi della sua biografia.

Contadino emiliano, cresciuto tra le “condotte”, ha intuito che il futuro della sanità pubblica veterinaria era nelle grandi aree urbane.

Bolognese orgoglioso di parlare il dialetto come “prima lingua”, più di ogni altro ha portato la veterinaria italiana nel mondo, e il mondo nella veterinaria italiana.

Veterinario fiero della sua professione, ha affermato la medicina unica e la formazione interprofessionale non come momento occasionale, ma come regola per la crescita degli operatori di sanità pubblica.

Infettivologo e parassitologo di livello mondiale, ha dato vita alla medicina veterinaria delle emergenze non epidemiche.

Partigiano e militante comunista, padre della riforma sanitaria del 1978, ha collaborato con i più diversi esponenti politici e alti funzionari, avendo come unico punto di rotta la coerenza e il rispetto delle proprie idee.

Grande “tecnico”, coltivava la storia e le scienze umane, non come accessorio della propria cultura, ma come strumento per capire anche la materia veterinaria.

Frequentava ministri e premi Nobel, ma ne parlava con la stessa semplicità e ironia che usava quando raccontava dei suoi gatti e delle sue tartarughe.

L’eredità scientifica e spirituale di Mantovani dovrebbe essere oggetto di un libro a ciò dedicato.

Ci sia permesso solo ricordare il grande impulso alla cultura e all’organizzazione della protezione civile nel nostro Paese.

Inviato in Irpinia dal Ministero della Sanità dopo il sisma del 23 novembre 1980, Mantovani ha individuato un nuovo orizzonte della sanità pubblica veterinaria. Dopo quell’esperienza, soprattutto attraverso l’attività del Centro di Collaborazione OMS/FAO per la Sanità Pubblica Veterinaria, ha dato impulso alla produzione di linee guida e corsi di formazione sulle emergenze non epidemiche, in ambito italiano e internazionale, in particolare con i Paesi dell’area del Mediterraneo. E’ stato membro della Commissione per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi dal 1992 al 2001.

I frutti dell’attività di Mantovani si possono apprezzare in tutta Italia, e anche fuori dall’Italia. Ma la terra devastata dal terremoto del 1980 ha mantenuto con “il Professore” un rapporto speciale. Grazie all’attività dei colleghi campani e al contributo della Fondazione Mida, è stato fatto un importante lavoro di raccolta della documentazione sulle emergenze non epidemiche sviluppata dopo il 1980. In questo ambito, è stata costruita la mostra di poster “Trent’anni di medicina veterinaria delle catastrofi”, che nel 2011 ha percorso oltre 5000 chilometri in tutta Italia (più una trasferta a Cuba).

Questo affetto era ricambiato, e l’ultima apparizione pubblica del Professore (purtroppo in videoconferenza da Bologna per problemi di salute) è stata in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria da parte del Comune di Pertosa, in provincia di Salerno.

Ci mancheranno molto i ragionamenti del Professore, ma anche la compagnia di un maestro che ci ricordava lo zio di una canzone di Giorgio Gaber, dal cuore molto tenero e la testa (una grande testa) molto dura.

Pubblicato in Attualità