Mi giunge uno scritto. Parla di centri storici, amministratori locali e del bando (dal titolo "co/A" ) della Fondazione MIDA e del Comune di Auletta coordinato dall´associazione nazionale RENA, voluto per valorizzare il Parco a ruderi, cioè la parte del centro storico conservata cosi come l´ha lasciata il terremoto del 1980, un museo vivente da cui trarre storia e futuro. Lo scritto è di un giovane del Vallo di Diano che ha deciso di partecipare al bando insieme ad altri ragazzi. Preferisce firmarsi con uno pseudonimo, ma quello che conta sono la forma e la sostanza, piú che il nome: buona lettura.
Salvatore Medici (su Unotvweb.it)
Invettiva. Appunti diseguali. Auletta e il Parco a ruderi
Il nostro (quello dei partecipanti al bando) è in fondo desiderio di conservare, compatibile, anzi declinabile obbligatoriamente con ogni mutamento, poiché ogni mutamento è anche continuità (addio rivoluzione!).
Ricordo a tal proposito un luogo dei Quattro quartetti di T.S.Eliot: “[un giorno] Noi cesseremo di esplorare/ E alla fine dell’esplorazione/ Saremo al punto di partenza/ Sapremo il luogo per la prima volta.”
E' anche però voglia di dare un contributo alla demolizione di quella intelligencija che pratica e ha insegnato a praticare (magari in nome della crescita e del progresso) una devastante forma di oicofobia, ovvero un’avversione per la “casa antica” e il proprio heritage, per ciò che si è avuto in eredità. E se l’eredità (quella dei saperi contadini) era cospicua e si è provveduto a diluirla, non meglio è andata per i centri storici che, nella migliore delle situazioni, si sono sgretolati tra la macina del passar del tempo e l’inerzia totale degli uomini.
Dunque questo progetto mi pare si ponga all’insegna della lealtà verso il territorio e nel territorio, virtù politica (la cui rintracciabilità è ai suoi minimi storici) che conduce gli uomini a vivere in pace con gli estranei, a onorare i defunti e a provvedere ai bisogni di chi, un giorno, prenderà il loro posto come “usufruttuario di questa terra”.
Ho l'impressione, ma non mi sento documentato come vorrei in proposito, che materia e processi, linguaggio e logica con cui, a turno, le varie amministrazioni, che si sono succedute nei nostri centri, hanno rappresentato e vissuto i luoghi dello stare e il "mondo contadino" come effetto dell'esercizio dei saperi della terra, siano ancora da studiare.
Resta da studiare, ad esempio, il materiale argomentativo e simbolico della drammatica aggressione ai centri storici condotta nella ricostruzione post terremoto degli anni Ottanta e Novanta, coerentemente il più delle volte coronata con l'assassinio di quei luoghi.
Era un'Italia e una “Campania” popolata di Mostri, sprofondata in abissi di Alienazione; mostri e alienazioni che ancora tutt’oggi si aggirano nei nostri territori come fantasmi e a turno continuano a ricoprire cariche/incarichi.
Lo sappiamo ed è confermato ogni giorno.
[Ora, vi è in ciò molto di sintomatico. Che la "politica" pensi strategicamente, lasci agire questi fantasmi con gli strumenti che questa da sempre conosce, e pratica con slancio perché sono la sua vita stessa (dall'inettitudine alla presunzione dal disprezzo all'irrisione falsificante), senza supporre di dover scontare tutto questo politicamente e moralmente o di star già pagando il conto, è un pessimo sintomo.]
Detto per incidens: colpisce che molti si rammarichino in buona fede della perdita di rappresentanza nel sistema politico regionale da parte degli esponenti del nostro "incantevole principato ". Quasi che per decenni la saturazione di ogni rilevante spazio ed esercizio potestativo da parte di élites (e quadri e clientes) dei diversi e opposti "dominanti" non abbia costituito e legittimato la più subdola (perché 'impersonale' e diffusa) "ferita putrescente" della storia regionale. Certo Quos perdere vult deus dementat prius, ora come allora.
Ad Auletta ora si prova con un nuovo inizio, si decide cioè di conservare e declinare tale conservazione con i mutamenti intercorsi.
Bene. era ora. Buon lavoro a tutti!
Cosimo Piovasco