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Sabato 19 Febbraio 2011 14:24

Sisma e scienza

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A volte il terremoto lascia la propria impronta anche sulla conformazione naturale...

In pochi secondi il terremoto è capace di distruggere molti prodotti dell'attività umana. Opere che sono espressione delle capacità di chi le ha realizzate, ma anche testimonianza del tempo che hanno vissuto, delle relazioni che intorno ad esse sono maturate, del ruolo che hanno svolto nel territorio e presso le comunità d'appartenenza. Palinsesti che mostravano le tracce vive delle successive stratificazioni, esito delle alterne vicende del gusto e della critica: segni della storia.
A volte il terremoto lascia la propria impronta anche sulla conformazione naturale, propria, del territorio; incide sulla sua fisionomia modificandone per sempre i tratti. L'opera di ricostruzione, sempre ardua e faticosa nella sostanza, più o meno lunga nel tempo, propone rimedi e ripara i danni materiali; di quanto è stato distrutto può solo ricostruire le cose. Nel migliore dei casi getta le basi perché rifioriscano le relazioni e ripartano quei processi di appropriazione dei manufatti che si manifestano con le aggiunte e le sovrapposizioni. Prescrivere tipi, altezze, sezioni, materiali, particolari costruttivi non può prescindere, dunque, dalla volontà di dare un senso complessivo al mutamento che il terremoto ha imposto, se si vuole che i manufatti si propongano come nuovi palinsesti capaci di iniziare la loro vita ricordando il passato, ma anche immaginando un futuro. Fondamentale è inoltre che vi sia uno stretto legame, un rapporto d'intensa ed evidente reciprocità, fra chi promuove e chi subisce l'intervento di ricostruzione. Fra l'azione distruttrice del terremoto e l'attività di ricostruzione intercorre un tempo, però, nel quale nessuno resta fermo.
La realtà "provvisoria" edificata nell'emergenza muove subito i propri passi. Testimonia con rabbia, ma anche con passione, la voglia di sopravvivenza della comunità colpita che sperimenta ed avvia nuove relazioni, magari anche con i segni cruenti, ed ancora caldi, del terremoto. Che la prospettiva sia quella di ricostruire l'ambiente com'era, soggiogati dall'impulso a ricreare l'immagine, violentemente perduta, del passato; oppure sia quella di edificare una "nuova" città, spinti dalla voglia di mutamento, dalla possibilità di miglioramento, comunque il tempo dell'attesa non trascorre invano. Quando, come nel nostro caso, il "tempo" della ricostruzione assume dimensioni "storiche" e la realtà dell'emergenza, marcando la propria impronta, assume una condizione duratura, il territorio diviene teatro di relazioni, modi di vita, forme d'appropriazione, che non possono essere archiviate come espressione della rassegnazione ed in quanto tali rimosse. Ancora meno si può pensare che le relazioni istituite, i processi avviati, le realtà edificate possano essere cancellate senza lasciare traccia nelle coscienze così come nel territorio.

L'evento sismico si presenta in un momento indeterminabile...

Anche la consapevolezza che l'evento sismico si presenta in un momento indeterminabile, ma fa parte della storia di un territorio, del proprio territorio, incide. Ancora di più oggi che di tanto si ha piena coscienza. Il paesaggio che si para dinanzi a noi ha spesso tratti lunari, esprime la miseria radicata ed atavica di alcuni luoghi cui si è aggiunta l'ingiustizia di una ricostruzione scandalosamente lenta. Eppure questo paesaggio costituisce per molti, ormai più d'una generazione, l'ambiente nel quale sono nati e nel quale hanno vissuto i loro primi venti anni di vita. Già, venti anni. Venti anni di vita. Troppe volte disconosciuti, avviliti presentandoli come venti anni di attesa. Per molti questi venti anni sono stati i primi della loro vita; anni importanti, dell'adolescenza. Quelli nei quali nascono e si stabiliscono le prime relazioni, si formano le proprie idee e convinzioni, si forgiano le immagini, si costruisce insomma quel bagaglio che ci accompagnerà per tutta la vita.

Anche quando questo "nuovo", diverso paesaggio è vissuto come modificazione rispetto ad uno precedente, la percezione del mutamento non si attesta solo sullo stato delle cose, sulla loro dimensione fisica, ma si estende alla interpretazione che ne diamo, al modo in cui esse si correlano alle nostre speranze, ai nostri ricordi, al nostro senso del fluire del tempo. La città della memoria, quanto quella che si vive nel presente, come quella che si auspica o sogna per il futuro sono tutte intrise di speranza e vitalità, di incertezza e delusione. Proseguire oggi il lavoro di ricostruzione non può prescindere da una riflessione ampia su questi temi, rispetto ai quali poco importa individuare colpe ed attribuire responsabilità per i ritardi che si sono accumulati. La realtà con la quale ci dobbiamo confrontare, fatta di segni come di consapevolezze, costituisce nel suo complesso "la memoria del terremoto".
Tutto questo significa che si rende indispensabile aggiornare la "mappa" di riferimento sulla quale tracciare il piano della ricostruzione, immaginare le nuove costruzioni, disegnare la rete delle relazioni. Si badi bene non una mappa solo cartografica, tanto meno strumento propedeutico all'azione, da usare magari come alibi per ritardare ulteriormente i processi. Bensì una "mappa" che qualifichi il patrimonio della memoria includendovi quella del terremoto e riaffermi il primato della conoscenza come sostegno e motore dell'operare. E l'obiettivo della conoscenza, anche in questo caso, deve essere quello di riconoscere e saper cogliere le differenti forme di vita presenti sul territorio nel quale dobbiamo operare. Deve essere fondamento di una piena consapevolezza. La sfida che si apre è tutta sulla definizione degli obiettivi e soprattutto a livello organizzativo. Non occorre condurre una campagna dilatata, occorre piuttosto costruire una struttura capace di recepire continui aggiornamenti, successivi ampliamenti tematici e temporali, e capace di produrre periodiche revisioni dei risultati. Che sia in grado di rappresentare la situazione reale non solo punto per punto, ma anche tema per tema, che vuol dire momento per momento evidenziando le relazioni reciproche. L'obiettivo deve essere allora quello di costruire questo dispositivo ed avviarne il lavoro. E' una macchina certamente complessa da realizzare, ma che deve essere facile da gestire e soprattutto alla portata di tutti. La coscienza che non si può controllare ciò che non si conosce apre uno scenario denso di nubi quanto carico di prospettive. Di tutte si deve avere padronanza altrimenti si rischia di mettere in piedi uno strumento che stritola anziché indispensabile per governare.

Programma triennale di lavoro...

E' ormai patrimonio di tutti, infatti, la consapevolezza che la definizione dei dispositivi di gestione equivale ad una vera e propria presa di possesso e che il rischio è quello di esercitare il controllo degli strumenti per saldare in modo semplicistico conoscenza ed operatività. L'obiettivo deve essere, allora, quello di contribuire ad alimentare la coscienza critica di tutti gli attori in campo informandoli adeguatamente. Rispetto ai problemi che pone una tale situazione diviene irrilevante, anche per la sua disarmante ingenuità, il tentativo in atto da parte di molti, di coprire e dissimulare con l'unità della regola la complessità e discontinuità del reale. Nei nostri territori il fenomeno non è certo nuovo, il terremoto ed il lungo periodo post, con il carico di finanziamenti che ha comportato, gli hanno conferito una dimensione inedita. Tutto questo è sintomo, in molti casi conclamata realtà, di una ulteriore condizione di arretratezza, tendenziosamente voluta, quella di condurre interventi - di ricostruzione - circoscritti nel tempo, una tantum, affidando loro capacità definitorie in forza di una presunta esaustività costruita su una valutazione dell'opera realizzata come testo isolabile. I container, le altre forme di alloggi "provvisori" realizzate, anche ma non solo per il lungo tempo di vita che hanno accumulato finora, hanno istruito relazioni e forme delle quali non si può fare a meno. Sono la memoria del terremoto, ma molto altro ancora. Costruire un dispositivo di conoscenze come struttura interattiva alla quale si possa avere facilmente accesso tanto per interrogarla quanto per integrarla, deve significare avviare un'attività che dovrà essere poi condotta con costanza e continuità, che deve divenire momento integrante della vita collettiva - politica, amministrativa, tecnica - guardando ad ogni elemento come parte di un contesto, centro di relazioni, sede di processi. In questo quadro il Centro si pone come obiettivo quello di documentare e sistematizzare le diverse fasi che hanno caratterizzato l'esperienza del terremoto in Irpinia e di documentare altri casi di terremoto verificatisi negli ultimi cento anni in contesti diversi sia italiani sia internazionali. Fine della documentazione è quello di raccogliere e strutturare le informazioni sullo specifico caso del terremoto dell'Irpinia in modo da consentire studi e ricerche specifiche - sulla prevenzione sismica e sullo studio di interventi di restauro e ricostruzione - e per approfondire la conoscenza dei segni lasciati dal terremoto in modo tale da consentire una riflessione sul destino di tali segni. Tutto il lavoro dovrà essere condotto partendo dalla sistematizzazione del materiale già esistente, dalla cartografia del territorio della Provincia e portare alla redazione di carte tematiche ed alla definizione di strategie di intervento precisandone contenuti ed obiettivi. La parte più a carattere divulgativo, resa "spettacolare", sarà esposta in mostra, il resto della documentazione che verrà raccolta, ordinata ed elaborata costituirà, invece, il nucleo centrale del patrimonio, in continua espansione, del Centro. La documentazione e strutturazione delle informazioni si articolerà per temi di ricerca che riguardano principalmente: l'area della sismica, l'ambito della normativa, lo stato d'emergenza, le situazioni di danneggiamento del patrimonio architettonico, gli aspetti relativi alle modificazioni del territorio in relazione all'evento sismico e le fasi legate alla ricostruzione. Di seguito tali temi, articolati, vengono proposti singolarmente, ma è evidente che essi sono interconnessi da numerose ed evidenti relazioni che verranno studiate e messe in evidenza con grande attenzione nel corso del lavoro che verrà svolto.

I temi di lavoro:

  • documentazione degli elementi che determinano e caratterizzano l'evento sismico
  • documentazione ed illustrazione dei modi con i quali si studiano e valutano le possibilità di manifestazione degli eventi sismici
  • documentazione dell'attività di gestione dell'emergenza post-sismica
  • documentazione degli interventi di urgenza sul patrimonio danneggiato
  • illustrazione dei modi con i quali si studia la vulnerabilità e si valuta la prevenzione rispetto agli eventi sismici
  • strategie innovative di protezione sismica per le costruzioni nuove ed esistenti
Pubblicato in Attualità

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