Raccontare il Sud standone fuori, ma conoscendolo nel profondo: questo è il tentativo riuscito di Salvatore Medici con questo agile libro che raccoglie saggi, articoli e riflessioni che l’autore, giornalista del Vallo di Diano trapiantato in Ticino (Svizzera) ha scritto su vari giornali, siti web e blog nel corso degli ultimi anni.
Salvatore Medici racconta senza finzioni la propria esperienza e il proprio punto di vista di giornalista che, dopo aver lavorato per anni in una provincia del Meridione, con numerosi impegni, dei quali molti precari, ha deciso di trasferirsi per motivi personali in Ticino per lavorare in quelle condizioni normali che al Sud sembravano impensabili.
Il fermento del quale Salvatore parla e che da lui viene documentato non è per forza positivo; è fermento “collerico”, “rischioso”, “presuntuoso”, “del lamento” “confuso”. E’ quella condizione che preannuncia un cambiamento, un qualcosa nell’aria che sembra smentire un destino di inattività.
Le pagine di Salvatore sono dense d’indignazione, di appelli e chiamata alla responsabilità che non derivano da un punto di osservazione estraneo, ma che sono piene di indizi di una profonda conoscenza dei paesi e della società meridionale, una cartina di tornasole che porta al parossismo i mali di tutta la nazione. Si può leggere di vicende concrete, della discussione che si crea attorno a una buca nell’asfalto che infastidisce un negoziante che si improvvisa vigile e pone cartelli stradali autoprodotti, parla di associazioni di giovani che pensano, erroneamente, che il sostegno ricevuto da amministratori e privati sia libero e disinteressato, si legge di posti di lavoro richiesti, favori e privilegi che oltraggiano quotidianamente il bene comune.
E’ anche delineata chiaramente la condizione di un Sud minacciato da spending review improvvisate altrove, che tolgono zolla dopo zolla terreno a conquiste lunghe secoli, di energia rubata dagli speculatori dell’eolico e del petrolio, di slot machine e compro oro che spuntano a speculare sulla disperazione.
In tutto il libro è vivo il continuo interrogarsi dei tanti giovani che devono scegliere se restare o andare, e si racconto anche di chi ha scelto di rimanere e impegnarsi in attività concrete e reali, come un salumificio, un allevamento di asini, un’azienda agricola.
Lo stile di Salvatore Medici è vivace e fresco, con suggestioni e citazioni da autori classici e contemporanei che hanno parlato del Sud e dei suoi dolori, come ad esempio Rocco Scotellaro; le parole che vengono riportate (“Sradicarmi? La terra mi tiene e la tempesta se viene mi trova pronto” ) sembrano un mantra per chi tenta di resistere, un invito a cercare e proteggere quelle radici che possono mettere in salvo da tempeste e maledizioni.
Il fermento di cui Medici ci parla quindi è un giusto mix di indignazione e speranza, di presenza civica e di estraneità alle vecchie logiche; “ognuno faccia la sua parte, ognuno impieghi nel proprio agire tutta la qualità che ha. Al Sud per essere di nuovo felici c’è bisogno di arricchirsi gli occhi, di fare entrare il bello che c’è. Che ancora c’è!”
Fermento, al Sud c'è fermento. Appunti sul Meridione
di Salvatore Medici
Segnali forti - You can print, 2013