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Sabato 12 Novembre 2016 14:09

Energie dalla terra, una recensione

Scritto da  Stefano Ventura
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di VINCENZO LUISE

pubblicato il 4 novembre su www.lavoroculturale.org

Energie della Terra è il quarto rapporto dell’Osservatorio sul Doposisma che rappresenta un’occasione di riflessione sul tema della relazione tra agricoltura, giovani e ritorno nelle aree rurali. La pubblicazione non solo fornisce un quadro ampio delle diverse prospettive di ricerca ma si propone di esplorare le tendenze che emergono dalle aree interne del nostro paese.

 

Già a partire dagli anni ‘60 la letteratura accademica si è interessata al fenomeno dei back to the land movements (Jacob, 2010). Questi movimenti erano composti da giovani delle controculture hippies che sulla base di un credo antimodernista decidevano di trasferirsi in campagna. Il fenomeno, diffuso sia in America che in Europa, si caratterizzava per la pratica degli insegnamenti di Sir Alber Howard e di Rudolf Steiner (Paltrinieri e Spillare, 2016) nella  produzione di cibo biologico. Le preoccupazioni nell’immediato dopoguerra nei confronti delle tecniche di produzione agricola industriale della Rivoluzione Verde (Evenson e Gollin, 2003) contribuì  inoltre all’incremento dell’interesse verso modelli produttivi agroecologici (Shiva, 2015).

Secondo Constance (2014) la letteratura accademica sugli alternative agrifood movements può essere ricondotta a quattro domande di interesse principali che catturano l’evoluzione della relazione uomo-natura-cibo e ne descrivono le dimensioni di ricerca. Se in principio l’attenzione si focalizzava sul rapporto tra impatto della produzione convenzionale e qualità dell’ambiente (environmental question) è solo agli inizi degli anni ‘70 che si pone attenzione alle conseguenze che tale modello ha sulla vita degli agricoltori (agrarian question), mentre negli anni ‘90 emerge una significativa area di ricerca che connette qualità del cibo e modelli produttivi convenzionali (food question). La studiosa inoltre individua un’ulteriore area di studio che è la naturale conseguenza della creazione di un giusto ed equo sistema di produzione agroalimentare, ovvero la relazione tra modelli convenzionali e promozione dei diritti civili (emancipatory question).

 

Questa pubblicazione si inserisce in un filone di studi denso che però risente di una mancata sistematizzazione delle  strategie e degli obiettivi adottati dai movimenti. Sottraendosi ad una scontata visione mainstream promossa dai media nazionali sulle opportunità di sviluppo professionale e personale che oggi offre la campagna, dal rapporto emerge il carattere pluriversale di queste esperienze.

 

(Foto pag. 12)

 

Per poter riconoscere e analizzare tale pluralità l’Osservatorio ha indetto un bando di ricerca-azione al fine di ‘registrare’ queste tendenze attraverso le seguenti domande di ricerca:

 

 

E’ vero che i giovani stanno ritornando all’agricoltura, alla terra?

 

Al Sud quanto è concreta questa tendenza e riesce a creare

reali occasioni di occupazione e imprenditorialità?

 

Quali sono le storie, i problemi e i sogni dei giovani agricoltori?’ (p. 7)

 

 

La pubblicazione, inoltre, si compone di altri quattro contributi che affrontano da diverse prospettive analitiche lo studio delle aree interne: dal rapporto con i contesti urbanizzati, al ruolo del paesaggio, fino alle opportunità offerte dalla network society.  Tale varietà di indagini permette di delineare i confini di una nuova economia del cibo (Winter, 2003) intesa nel suo senso più ampio,  ovvero di un’economia che riportando al centro del sistema agroalimentare la produzione di cibo di qualità opera contemporaneamente su diverse dimensioni: la disintermediazione prende il posto della logistica, lo storytelling del marketing e la redistribuzione della finanza, valorizzando tutti quegli aspetti tangibili e intangibili di una comunità che diviene parte integrante di questo processo’ (Arvidsson e Giordano, 2014, p.6).

 

Se, da un lato, il volume mette in mostra tale complessità, è solo attraverso una metodologia qualitativa come l’etnografia o la partecipazione osservante che sembra possibile comprendere il ruolo e il valore di queste avanguardie. ‘Il riercatore vuole diventare in questo approccio un facilitatore tra “mondi diversi” ancor più che un portatore di visioni’ (p. 14). I contributi ‘Energie per la terra per seminare cambiamento’ di Carlotta Ebbreo, e ‘Il cammino silenzioso. Seminare i semi della resistenza’ di Simone Valitutto condividono questa prospettiva di ricerca. La metodologia adottata non si pone al di sopra dei soggetti, ma al contrario, cerca di costruire con essi un percorso di riflessione.  Se il primo contributo si propone di essere una narrazione commentata del ritorno alla terra, il secondo si caratterizza per una riflessione critica sui modelli di sviluppo che interessano le aree interne.

 

Il concetto di “ritorno” assume significati diversi rispetto alla rappresentazione sociale che la vita nello spazio rurale, e lo stesso spazio rurale, portano con sè.’ (p. 15)

 

La ricercatrice, vincitrice del bando promosso dall’Osservatorio, propone una duplice visione del ritorno, sia geografica che culturale. Lo studio, incentrato sulle esperienze di re-esistenza contadina nell’area del Parco del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, assume come dato inconfutabile l’insostenibilità dell’attuale sistema economico-produttivo. Attraverso il framework teorico della trans-innovation theory (Geel e Schot, 2007) la ricercatrice mostra come le discrepanze fra bisogni e funzionamento del regime economico attuale induca queste nicchie di innovazione a sperimentare nuove forme di vissuto, economico e sociale, in grado di innescare processi trasformativi a livello sistemico. Piuttosto che risignificare queste esperienze, il testo intende raccontare il loro carattere di alterità e di come rappresentino, non solo sul piano simbolico, l’esempio di un nuovo possibile equilibrio tra uomo-natura-economia. All’interno di questa prospettiva possiamo ricondurre anche il contributo di Simone Valitutto sull’esperienza del cammino silenzioso.

 

Un’esperienza di vita che muta lo sguardo e l’esserci nel mondo di chi vi partecipa e che rappresenta una diversa concezione dei paesi in cui si è deciso di (ritornare a) vivere.’ (p. 115)

 

Il cammino, viaggio nei luoghi di confine tra Campania e Basilicata, da Atena Lucana a Viggiano, nasce dalla necessità di raccontare un modello di sviluppo alternativo a quello petrolifero. Si presenta come una testimonianza di resistenza radicata nell’esperienza dei corpi che ripercorrono i vecchi sentieri utilizzati dai pellegrini per raggiungere il santuario della Madonna Nera del Sacro Monte di Viggiano. La volontà di ri-guardare i luoghi, nell’accezione che Franco Cassano (2005) descrive in Pensiero Meridiano, pernia tutto il lavoro. Non solo emerge la capacità di aver cura di quei territori provando a sottrarli ad un modello di sviluppo descritto come predatorio, ma si è saputo guardare con occhi nuovi gli stessi luoghi riscoprendo le tracce del passato attraverso una pratica contemporanea. Il cammino diviene cura contro quella che De Martino (1954) definiva angoscia territoriale, ovvero la perdita dell’abilità di ambientamento e di radicamento. Contrapponendosi al potere prescrittivo dei luoghi imposto da soggetti altri, il contributo si configura come necessaria testimonianza della pratica di appaesamento che può essere generata solo attraverso la  frequentazione e manipolazione degli spazi. Affinché sia riconosciuto il valore simbolico di questa e le altre esperienze che popolano le aree interne è necessario, quindi, porsi in una dimensione di ascolto.

 

Dobbiamo allora essere guidati dall’ascolto nell’agire sul (e nel) margine, e riflettere sul senso e sulla scelta

di abitarne i delicati equilibri.’ (p. 106)

 

 

(Foto pag. 19)

 

 

Il contributo di Nicola di Croce ‘Il ritorno alla montagna come ascolto del margine’, focalizzandosi sulla dimensione spaziale e demografica delle aree montane attraverso un parallelo tra nord e sud, definisce le aree interne come quelle aree marginali interessate solo parzialmente dalle politiche di sviluppo economico. Ma è attraverso la risignificazione del silenzio che risuona in questi territori che diviene possibile rileggere il margine come custode di una visione differente di sviluppo. Tornare, ma allo stesso tempo (e forse soprattutto) restare, ‘rappresenta il momento lucido, l’occasione dell’autoascolto, della consapevolezza’(p. 108). E’ attraverso questi processi che si può produrre un sentimento di luogo integrato nel carattere transitorio del contemporaneo. Il margine destinato all’oblio, secondo l’autore, si trasforma quindi nel luogo privilegiato in cui l’azione consapevole dei soggetti produce paesaggio in termini naturali, culturali e visivi.

 

Si pone l’evidenza sulla necessità di tutelare il paesaggio nel suo essere espressione della cultura dei luoghi e degli uomini che vivono in esso’.

 

 

 

(Foto pag. 124)

 

Il quarto contributo del rapporto, ‘Ritorno alla terra per salvare il paesaggio’ di Giorgia de Pasquale si propone di indagare la relazione tra pratiche agricole e paesaggio mediterraneo. Se le metodologie produttive della Green Revolution hanno provocato un drastico mutamento delle pratiche agricole familiari e un conseguente svuotamento delle campagne, l’unica possibilità per salvaguardare la salute e bellezza di questo fragile paesaggio, afferma l’autrice, passa dalla tutela dell’agricoltura tradizionale. La capacità di plasmare il territorio conferendogli un’identità specifica attraverso una creatività radicata che genera armonia.  La tradizione, quindi, intesa come aspetto originario diviene valore contemporaneo. Ma così come afferma la Convenzione europea del paesaggio è necessario recuperare una visione equilibrata, possiamo adattare l’ambiente alla vita ma dobbiamo anche adattare la vita all’ambiente. In questa prospettiva il paesaggio diviene luogo performativo che  accoglie forme e figure nuove dove la tradizione assume il significato di conoscenza e rispetto, non cristallizzandosi. Il potere narrativo dei luoghi connetterà poi tali trasformazioni in nuovi racconti attraverso un continuum tra passato e futuro. I paesaggi, quindi, cambiamo in parallelo alla società della quale sono espressione.

Il risultato della network society non è una minore importanza funzionale delle zone rurali rispetto alle zone urbane, ma è una marcata ristrutturazione dei loro rapporti di forza.’ (p. 97)

Affinché le aree interne possano ri-definire il rapporto con i contesti urbanizzati, transitando da una condizione di predazione ad una di simbiosi, diviene fondamentale comprendere i vincoli e le opportunità offerte dall’avvento della network society (Castells, 2011). Ponendo l’accento su alcune dimensioni, che secondo gli autori di ‘Reti rurali e cambiamento’ Castells sottostima, la riflessione verte sulla creazione di reti tra le esperienze di neoradimento rurale. Benedetta Falmi e Vieri Calogero evidenziano il forte senso identitario che deriva da un lato dalla partecipazione a queste reti, e dall’altro dalla capacità di operare in contrapposizione al modello convenzionale dell’agrifood, che Van Der Ploeg (2009) definisce processo di ricontadinizzazione. I processi di territorializzazione, quindi, possono tradursi in  cambiamento attraverso la diffusione di nuove idee, approcci e modelli veicolati all’interno di queste reti rurali.

 

In conclusione i diversi contributi mostrano come questa ruralità emergente sia composta da diverse alterità che concorrono a costruire un quadro estremamente complesso. La differenza di visioni e di pratiche ne rappresenta un valore costitutivo ma allo stesso tempo può limitare la capacità di un’azione coordinata. Il carattere innovativo, fragile e radicale di queste avanguardie agendo su una dimensione simbolica e materiale può produrre cambiamento, ma affinché questo si estenda ad un livello sistemico, è necessario la collaborazione con  attori terzi. Si delinea così una nuova ruralità che non vuole essere regolamentata, ingabbiata, ma al contrario, ascoltata e valorizzata.

 

Vincenzo Luise

 

Riferimenti bibliografici

Arvidsson, Adam., e Giordano, Alessandro (a cura di). Manifesto della Rural Social Innovation. 2014.

 

Cassano, Franco. Il pensiero meridiano. Vol. 362. Laterza, 2005.

 

Castells, Manuel. The rise of the network society: The information age: Economy, society, and culture. Vol. 1. John Wiley & Sons, 2011.

 

Constance, Douglas H., Marie-Christine Renard, e Marta G. Rivera-Ferre, eds. Alternative Agrifood Movements: Patterns of Convergence and Divergence. Emerald, 2014.

 

De Martino, Ernesto. "Angoscia territoriale e riscatto culturale nel mito Achilpa delle origini." en: Introduzione allo studio dell'Etnologia. Roma(1954).

 

Evenson, Robert E., e Douglas Gollin. "Assessing the impact of the Green Revolution, 1960 to 2000." Science 300.5620 (2003): 758-762.

 

Geels, Frank W., and Johan Schot. "Typology of sociotechnical transition pathways." Research policy 36.3 (2007): 399-417.

 

Jacob, Jeffrey. New pioneers: The back-to-the-land movement and the search for a sustainable future. Penn State Press, 2010.

 

Paltrinieri, Roberta, e S. Spillare. "L'Italia del biologico." Un fenomeno sociale dal campo alla città. Edizioni Ambiente: Milano, 2015.

 

Shiva, Vandana. Chi Nutrirà il Mondo? Manifesto per il Cibo del Terzo Millennio, Feltrinelli, 2015.

 

Van der Ploeg, Jan Douwe. The new peasantries: struggles for autonomy and sustainability in an era of empire and globalization. Routledge, 2009.

 

Winter, Michael. "Embeddedness, the new food economy and defensive localism." Journal of rural studies 19.1 (2003): 23-32.

 

 

Indice del volume

 

Presentazione

Stefano Ventura

PARTE 1

Energie dalla terra per seminare cambiamento - Carlotta Ebbreo

PARTE 2

Reti rurali e cambiamento - Benedetta Falmi e Vieri Calogero

PARTE 3

Il ritorno alla montagna come ascolto del margine - Nicola Di Croce

PARTE 4

Il cammino silenzioso. Seminare i semi della restanza - Simone Valitutto

PARTE 5

Ritornare alla terra per salvare il paesaggio - Giorgia De Pasquale

Pubblicato in Chi Siamo

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