Parco a Ruderi
Auletta, paese dell’entroterra salernitano, è uno dei 506 comuni di cui il sisma, che colpì nel 1980 la Campania e la Basilicata, ha modificato la Storia. Le sue origini mitiche perse nel tempo si ritrovano a dover riallacciare il filo con la modernità arrivata dal ventre della Terra e testimoniata da un’imponente gru.
Il Comune di Auletta, utilizzando finanziamenti regionali, nell’ambito del Piano di Recupero del centro storico, ha destinato un quarto dell’abitato (la parte completamente abbandonata), affinché testimoniasse e le cicatrici aperte dal terremoto e la capacità di trasformare degli eventi tragici in risorse per la collettività, alla costituzione di un Parco a Ruderi (foto 1).
I lavori, iniziati nel 2002 e non ancora terminati, sono costituiti da restauro e risanamento conservativo dei caseggiati posti sulla rupe del Cretazzaro, la zona più povera del paese. Questi a loro volta si differenziano a seconda dell’uso finale dell’immobile: Museo delle culture locali, Albergo diffuso, città laboratorio per attività di ricerca e studio. Tutto questo sarà il Parco a Ruderi, senza soluzione di continuità tra la memoria, la fruizione e la ricerca (foto 2). L’Albergo diffuso sarà composto da 13 suite, costituite ognuna da camera da letto e bagno, un vano a funzionalità mista con soggiorno, cucina in nicchia e divano letto (foto 3). Gli ambienti dell’Albergo sono stati ricavati nei caseggiati meno colpiti dal sisma, riutilizzando e rispettando spazi e materiali originali; consolidando, ma al tempo stesso lasciando ben visibili, le cicatrici aperte dalle scosse telluriche (foto 4).
La caratteristica tranquillità del borgo è al centro della filosofia del riutilizzo del Parco, sarà l’ambiente ideale per chi volesse unire un soggiorno tra la natura ad escursioni naturalistiche o culturali nei centri vicini (foto 5). Altra peculiarità del Parco è l’essere inserito in un contesto sociale che, nonostante tutto, si è mantenuto quasi intatto; passeggiando per i vicoli e le scalinate ci s’imbatterà nei cordiali abitanti di Auletta e si impareranno a conoscere i loro ‘simboli’ ancorati alla cultura contadina (foto 6).
Gli scorci suggestivi di un borgo assonnato dove l’architettura si lega ai giochi di luce del sole sono stati rispettati dalla lenta ricostruzione (foto 7). La vita quotidiana, testimoniata da ciabatte lasciate ad asciugare, scorre al cospetto dei segni perpetui del disastro: pietre su pietre (foto 8). Dopo trent’anni di lavori e non-lavori, le porte, segnate dal tempo, si aprono ai calcinacci non temendo l’entrata di nessuno. Forse perché già troppe volte violate (foto 9). Solo concentrandosi sui particolari si leggeranno i segni del tempo: vetri un tempo nuovi si ricoprono di polvere diventando la pagina di un libro; di un libro che ha ancora molto da raccontare, occorrerà soltanto dedicarsi a sfogliarlo (foto 10).
I domicili e l’intimità violati dal terremoto aleggiano su queste case, consapevoli che l’aspetta una nuova identità: non vogliono più essere solo un numero (civico) (foto 11).
La Natura ed il verde della vegetazione si sono impossessati dell’antico spazio urbano. L’invasione è sintomo di un interrotto ciclo naturale, questi luoghi sono ancora vivi nonostante abbandonati da anni dall’uomo. La convivenza di un tempo tra la Natura e l’uomo dovrà essere rispettata riprendendo gli orti e gli spazi verdi originari (foto 12).
La messa in sicurezza e rimozione di ciò che rimaneva dei tetti ha lasciato scoperta l’ossatura architettonica: le travi in legno, un balcone, le piastrelle della cucina e la credenza incastonata al muro. Le modalità di ristrutturazione hanno voluto rispettare ciò che il sisma ha lasciato intatto (foto 13).
La struttura urbanistica immutata si snoda tra usci privi di filtri lasciando intravedere i campi e le montagne del circondario (foto 14). Osservando i particolari si scoprono colori ed oggetti che sanno d’antico, circondati dai necessari attrezzi per il restauro (foto 15). Un vecchio camino si ritrova circondato dall’erba, nella stanza affianco le finestre socchiuse si rivolgono agli uliveti della valle (foto 16).
In ogni locale del Parco a Ruderi i segni dell’uomo e della cultura contadina sradicata dal terremoto sono ovunque tra i calcinacci. Suppellettili, attrezzi, letti impolverati, fogli di riviste datate, madie: la quotidianità sorpresa dalla catastrofe ha il diritto di rimanere tale, ma anche di essere messa nelle condizioni di perdurare (foto 17). Continuando ad inestricarsi nei vicoli ci s’imbatte ancora nella Natura che lotta e cerca di scardinare l’ultimo baluardo: un balcone appannato dal tempo (foto 18). Una credenza murata, che da decenni non custodisce i bicchieri del giorno di festa, è protetta da un soffitto aggredito dalla muffa e dall’umidità (foto 19). Gli strati superstiti di una carta da parati fiorita con ai piedi due massi portati da chissà chi: la visita del Parco a Ruderi può riservare anche il ri-conoscere l’arte in case reduci da una tragedia (foto 20).
In altri paesi del cratere irpino, le rovine del terremoto sono state depredate e saccheggiate e con esse la memoria storica del luogo. Ad Auletta la continuità di questi ambienti col centro storico ed i suoi abitanti ed una ristrutturazione fruttuosa hanno permesso di conservare anche una vecchia serratura (foto 21). La memoria è ridondante: ripete i segni perché la città cominci a esistere (I. Calvino, Le Città Invisibili); anche tre chiavi sono lì da tempo, segni di porte (della memoria) da aprire o da chiudere (foto 22). Alzando gli occhi si osserva la caducità dell’antico legname è messa al sicuro da una copertura moderna, per contrastare l’aggressione del tempo; questa è l’anima del Parco a Ruderi, dove gli uomini cercano di evitare la morte di altri uomini e delle loro storie (foto 23). Ancora la carta da parati fa tornare alla mente l’arte contemporanea. Uno strappo vicino ad una piccola presa elettrica a testimoniare come l’avanzamento tecnologico si stesse avviando trent’anni fa (foto 24).
Una finestra aperta da tempo agli ulivi ed una stradina di campagna. La vista diventa spettacolo, il telo dell’antico soffitto diventa sipario (foto 25). Ancora, un portone colorato dall’umidità accoglie il visitatore in uno dei tanti ambienti salvati dall’incuria (foto 26).
I lavori in corso da anni creano una nuova dimensione: tavole e tubi fanno il paio col cemento tra i resti della vegetazione pronta ad invadere il locale (foto 27).
Nel lasciare questo viaggio nell’incuria e nel ricordo si trovano i resti di una ruota, conservati dalla vegetazione come un seme: scherzo della Natura o degli uomini? (foto 28)
di Simone Valitutto