Scesero a migliaia nelle zone colpite dal sisma, talora raggiungendo i luoghi della catastrofe prima dei soccorsi organizzati dello Stato. E con questi ultimi lavorarono fianco a fianco, salvando dalle macerie i sopravvissuti, assistendo e curando i senzatetto. Li chiamarono "angeli del terremoto". Erano i volontari. Uomini, donne, giovani: erano i volti dell'Italia solidale. Un mondo fino a quel momento "invisibile"che la tragedia aveva fatto scendere sul campo dell'impegno civile. Partirono al seguito delle colonne di aiuti organizzate da molte Regioni del Nord (dall'Emilia Romagna alla Lombardia, dalla Toscana al Piemonte), della Sicilia e della Calabria. Ma anche con mezzi propri. Ottomila furono i giovani volontari mobilitati dalla rete del Centro operativo nazionale giovanile che aggregava i movimenti giovanili dei partiti. Di quest'esercito silenzioso, 3.500 volontari operarono nella provincia di Avellino, 2.500 in quella di Potenza ed altrettanti nei comuni dell'area salernitana. Significativo anche il contributo delle organizzazioni ecclesiastiche e del mondo cattolico. La Caritas coordinò le iniziative di assistenza promosse da 250 diocesi italiane. Scesero in campo anche gli scouts dell'Agesci. "Facce serie di adolescenti": così gli inviati di alcuni giornali descrissero quei volontari giunti in una terra, per loro, sconosciuta. Col mondo che trovarono ebbero un rapporto complesso. Amati dal popolo dei sopravvissuti ma spesso in conflitto, talora apertamente ostacolati, con gli amministratori locali dei paesi devastati dal sisma. Temevano "sindaci e potenti locali" interferenze nella gestione paternalistica degli aiuti.
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