di Giustino Parisse da Il Centro del 28.01.2012
Fino alle 17,42 di ieri le vicende della ricostruzione dell’Aquila erano il canovaccio di una brutta farsa, di quelle che - nonostante gli sforzi degli attori protagonisti - non fanno ridere nessuno. Poi il presidente del consiglio Mario Monti ha preso una decisione che per usare il suo linguaggio potrebbe essere definita “Salva L’Aquila”. Affidando al ministro per la coesione territoriale Fabrizio Barca un incarico per «accelerare la ricostruzione» ha di fatto commissariato il commissario Chiodi.
Una presa d’atto, anche a livello romano, del fallimento di una “governance” che dopo tre anni non è stata capace di avviare la ricostruzione della città. Non tutte le colpe chiaramente sono del presidente Chiodi. Sostenere questo sarebbe negare le rissosità, gli interessi trasversali, i giochetti politici, le superficialità a vari livelli, le furberie che hanno costellato mesi e mesi durante i quali appunto, dalla tragedia si è passati alla farsa. Ma se tutto questo è accaduto è stato anche per l’inadeguatezza politica di chi, al timone della nave, non doveva mai perdere di vista la meta.
Ieri c'è chi si è affrettato a dire che il ruolo del ministro Barca è semplicemente quello di un "nuovo Letta". Ma anche qui si è fuori strada. Letta aveva cominciato a partecipare alle riunioni del cosiddetto tavolo di Cicchetti solo perché da abruzzese - e forse sinceramente colpito dal dramma aquilano - aveva capito che in quel pollaio in cui non si faceva mai giorno c'era bisogno di qualcuno capace di fare un po' di ordine.
Le presenze di Letta avevano il timbro della straordinarietà. Nessuno gli aveva conferito un incarico ufficiale. Se l'era preso da solo visto che nei palazzi romani il terremoto dell'Aquila era già un lontano ricordo. Nel caso di Barca c'è una precisa investitura con tanto di tavolo tecnico al quale saranno chiamate le strutture della Presidenza del consiglio, i ministri interessati, la ragioneria generale dello Stato e il sottosegretario Catricalà.
Se le decisioni sull'Aquila, in attesa della legge in discussione in Parlamento, saranno prese in quella sede, il tavolo aquilano di Cicchetti sarà buono al massimo per giocare a tressette e la struttura di missione (Stm) diventerà un luogo di carte polverose. Il capo della Stm, l'architetto Gaetano Fontana, ha dato vita negli ultimi giorni a una scena "regina": una lettera di "finte" dimissioni per riottenere da Chiodi "carta bianca" e spingere il presidente a difenderlo dagli attacchi che gli sono arrivati da più parti.
Fontana, le cui capacità tecniche non si discutono, ha forse pagato un lato del suo carattere che gli fa guardare le persone dall'alto in basso.
Anche da questo sono nati i contrasti con il Comune dell'Aquila che alla fine sono diventati un gioco a perdere: tu fai, io ti metto i bastoni fra le ruote, se vuoi uscire dal pantano devi venire a chiedere a me e poi vedremo.
Se Chiodi respingesse le dimissioni del capo della Stm farebbe un gesto incomprensibile oltre che inutile visto la piega che ha preso la "governance".
Il ministro Barca (di cui Fontana ha detto ieri al Centro di essere un grande amico) avrà il compito di semplificare percorsi e procedure anche in base a quello che gli verrà chiesto dagli enti locali.
E su questo va dato atto al sindaco Cialente - spesso scomposto e confuso nei suoi atteggiamenti - di aver aperto una breccia che ancora non si sa dove porterà però è almeno un pertugio in cui infilarsi.
Ora servirebbero una serie di gesti di responsabilità per sgombrare il campo da ostacoli che gli aquilani non capirebbero. Il primo lo dovrebbe fare Chiodi che al Centro ha dichiarato di essere entusiasta della nomina di Barca: dimettersi da commissario per la ricostruzione rimettendo il mandato nelle mani del presidente del consiglio. La struttura commissariale non scomparirebbe (per questo bisogna cambiare la legge o attendere la nuova) ma certo si potrebbe procedere meglio a quella che appare una necessaria riorganizzazione.
Sarebbe brutto - e persino penoso - assistere a dispetti istituzionali che non avrebbero senso. Quella di ieri appare dunque come una svolta nella ricostruzione dell'Aquila. Per valutarla meglio bisognerà attendere le prime decisioni del tavolo romano e le ricadute concrete. Agli aquilani servirà ancora un po' di pazienza. Ma è bene che tutti sappiano che anche quella sta per finire.