fondazione Mida

barbara vaccarelli

barbara vaccarelli

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Domenica 10 Aprile 2011 13:46

Lettera a mia Madre

Dolore… tanto dolore nel cuore…

Tante volte ho pensato a come sarebbe stata la mia vita senza di te… non riuscivo ad immaginare… non volevo immaginare… tremavo al solo pensiero… eppure prima o poi sarebbe successo… mi auguravo poi…..tanto poi…..tra 30 anni magari!!!

E invece eccomi qua….a combattere con la dura realta’… e gia’… ora non ci sei piu’ e da un giorno all’altro mi si è spezzato il cuore……un mostro ha deciso che doveva portarti via da me, da noi… in 30 secondi la mia vita si è trasformata in un incubo…

Perche’ sei andata via?
Perche’ mi hai lasciato?

Eravamo felici…..tu finalmente eri serena… dopo una vita di sofferenze, finalmente la mattina ti svegliavi sorridendo al nuovo giorno….il tuo “Buongiorno amore di nonna”….me lo ricordero’ per sempre.

Anche Marco sorride quando gli ricordo il tuo dolce saluto….le tue canzoncine per farlo addormentare….sorride quando guarda la tua foto e manda bacini alla sua adorata nonna… sorride quando pronuncio il tuo nome….da qualche giorno ha imparato a dirlo anche lui.

Non dimentichero’ mai il sorriso che avevi quando ci vedevi arrivare… eri lì, facevi capolino dalle tendine di casa tua, quella casa che tanto amavi, quella stessa casa che ti ha tradito non dandoti neanche il tempo di svegliarti… o forse quel boato assordante ha fatto svegliare anche te, magari il tuo pensiero è corso a me, a Marco a Luigi… forse ti sei resa conto di quello che stava succedendo… forse hai provato dolore nel cuore nel pensare a noi… chissa’ se hai sofferto fisicamente mentre quel soffito diventava letto ed il letto una bara…

Non lo so… non lo sapro’ mai… non ho potuto neanche vedere il tuo viso, il tuo corpo… ho visto solo un sacco bianco che veniva trasportato come fosse spazzatura…

Che dolore saperti li’ dentro… che strazio vederti in quel bunker sdraiata a terra insieme ad altri 300 corpi……non ci potevo credere… la mia mamma era lì in un sacco bianco con indosso una camicia da notte a fiorellini e con i pugni chiusi sul petto… cosi’ ti hanno descritto… la mia mamma… che qualche ora prima di quella maledetta notte era sul divano di casa mia giocava con mio figlio e rideva, allegra… felice…

La mia mamma…..una persona per me importantissima, insostituibile… una mamma, una sorella, un’amica, un aiuto, un pilastro….un faro illuminante…..una donna forte, coraggiosa… una “capa tosta” ma sensibile, riservata, gentile… buona… Che legame speciale avevamo…

Eri li’ davanti a me… ma non ho potuto parlarti, non ho potuto raccontarti di come Marco quella sera si era addormentato con in braccio l’orsetto carillon che gli avevi regalato… non ho potuto descriverti il suo visetto spaurito quando lo abbiamo buttato giu’ dal suo lettino nel bel mezzo della notte… non ho potuto descriverti l’angoscia che ho provato quando con due telefoni in mano digitavo il tuo numero… senza avere risposta… Ed il dolore immenso, la paura… quando, arrivata davanti la tua porta, ho trovato tutto chiuso, tutto sbarrato… ”noooo… mia madre è ancora dentro…”

E li’ ho cominciato a scavare….a mani nude per cercarti sotto le macerie… mpossibile… era infinita la montagna di detriti che ti aveva ricoperto…

Ci sono volute ore per trovarti…….solo quando quel vigile è uscito fuori scuotendo la testa mi sono resa conto che tutte le mie preghiere erano state inutili… in quel momento tutte le mie flebili speranze sono crollate proprio come quel maledetto soffitto……………………………

Qualcuno ha detto:

“Se mi ami non piangere!
Se tu conoscessi il mistero immenso del cielo dove ora vivo,
se tu potessi vedere e sentire quello che io vedo e sento in questi orizzonti senza fine,
e in questa luce che tutto investe e penetra,
tu non piangeresti se mi ami.”

Sarebbe bello credere a questo mamma…..la mia fede è ormai troppo scossa…..scossa a tal punto che non riesco piu’ a pregare……non riesco a vederti lassù…
spero di sbagliare, spero che tu possa stare davvero meglio ora, lo spero tanto per te.. …che non meritavi la vita che hai vissuto…..piena di sofferenze e di dolori…..non meritavi quella morte…
spero che tu ora sia davvero felice … mi auguro che tu possa prendermi per mano ancora una volta e sostenermi , incoraggiarmi, aiutarmi a camminare verso il futuro… aiutami a regalare una vita serena a mio figlio… ora vivo solo per lui…

ti prego mamma dammi la mano… stringimela forte abbracciami se puoi… fammi sentire che ci sei… mamma io ho bisogno di te… mamma io senza di te non ce la posso fare!!!!!!

Mi manchi da morire!!!

Emanuela

Domenica 10 Aprile 2011 13:28

L'Aquila che ho visto io

E' proprio bello tornare a casa la sera. La tua casa, intendo. Quando rientri c'è quel calore familiare, quel pavimento su cui hai camminato, quel mobile, la porta, e poi le tue cose. Il tuo letto, i libri, la bottiglia, le ciabatte.

Si, un pò di disordine, ma insomma poi metterò a posto.

Sono di rientro da L'Aquila e provo a pensare a qual'è la cosa peggiore che ho visto oggi. Credo per me siano stati i pavimenti. Entrare nella casa di Paola e vedere quei bei pavimenti di legno chiaro: quando penso alla mia casa io li vorrei così i pavimenti, e vederli lì, coperti di polvere, ma in buono stato, come se ci si fosse camminato fino a un attimo prima, un attimo di due anni fa. Sembra assurdo, ma mi è venuto solo da pensare che non riscaldano più nessuno, che nessuno passa di lì, ci si siede, ci si mette a leggere un libro, a giocare col cane.

E la casa è, tutto sommato, in buono stato. Niente grossi crolli dentro, le scale perfettamente agibili, tanto che riesci anche ad andare sul terrazzo, per vedere la desolazione tutto attorno, in ogni direzione. Tetti sfondati, tegole che non ci sono più, interi palazzi che non ci sono più. Dall'alto si intuisce tutto, anche senza vedere. E poi il silenzio, il silenzio totale. Una città muta.

Una città in cui il tempo si è fermato al 6 aprile 2009.

Giriamo per i vicoli: mi colpisce una immagine banale, un orsacchiotto di peluche tutto sporco e vecchio, appoggiato sopra un insieme di tubi da impalcature. L'Aquila sta su con le stampelle, finchè dura. Ci affacciamo alle porte dove è possibile, e la maggior parte degli edifici è sventrata, con pali di ferro a distanza di venti centimetri l'uno dall'altro, che sorreggono tutta la costruzione: un dedalo di pali incrociati a formare uno scheletro per un edificio vuoto, interamente sventrato, crollato dentro.

Ci passa accanto una camionetta dell'esercito e Camilla mostra il suo lasciapassare, altrimenti non potremmo mai stare lì.

Si incontrano solo auto della polizia, militari e qualche cane.

E anche questo silenzio forzato, questa quiete sinistra ferma il respiro.

Andiamo avanti, circondati dall'odore di polvere e dal rumore dei nostri passi. Siamo adesso davanti a un ammasso di macerie di una casa crollata. Qui ci sono stati dei morti. Era impossibile salvarsi, ho pensato. Della casa non è rimasto niente, solo pietre in disordine. Poi, se mentre cammini osservi con attenzione, noti scarpe appoggiate al fianco delle strade, cd sparsi per terra, oggetti, oggetti di uso comune fuoriposto, che puoi solo immaginare come siano finiti lì.

E le strade.. le piccole stradelle sono intatte. Si cammina bene sul ciottolato del centro storico. Anche lì non si capisce dove sia finita la vita: sembra evidente che fino a poco prima qualcuno c'è passato, non sembra possibile siano già passati due anni.

Due anni.

In due anni abbiamo riempito il centro storico di travi di legno e tubi di ferro che tentano disperatamente di sorreggere, di elastici che avvolgono palazzi per tenerli insieme: li abbiamo violentati, questi palazzi. Tutti, davvero tutti i palazzi hanno le travi alle finestre. Le facoltà. Storia, ad esempio, è una costellazione di pali vicinissimi, tra i quali non riesce a passare una persona. Una città scheletro.

Come se tutto questo potesse durare, rimanere fermo incastonato nel tempo, tutto fermo al 6 aprile fin quando non troviamo i soldi. Sarebbe bello fermare il tempo lì, ma il tempo non si ferma e fa il suo lavoro, e infatti le strutture non reggeranno. l'inverno con il gelo e la neve e poi il caldo, e i tetti si sfondano, quelli ancora rimasti, e le crepe si ingrandiscono, e i pezzi crollano nel silenzio di una città vuota.

E io penso a tutte quelle belle case, che ancora aspettano lì nella notte. Buie. Il Buio sovrasta tutto, avvolge tutto. In quante ci sono ancora oggetti? i mobili, i libri? i divani, i frigoriferi, tutto quanto. Quante case vuote. Quante vite separate, strappate via. Girando la città muta non ci sono alternative, lo si capisce subito. Da lì, da tutto questo centro distrutto, questa città morta, fermata nel tempo, bisogna ripartire. E bisogna vedere. Bisogna camminare in quelle strade per sentire, per riuscire a immaginare. E' una questione di dignità. Ma non degli Aquilani, ai quali ovviamente lo dobbiamo, ma di dignità del nostro paese.

Camminando l'unico desiderio che si può avere è quello di poter fare qualcosa per fare tornare la vita. Ed è un sentimento di giustizia che sale, di solidarietà. Essere un paese unito vuol dire questo, vuol dire che quelle case sono le nostre, e vuol dire che siamo tutti a pagare tasse per riavere l'Aquila. Non ci sarebbe altro da dire, ma solo da tirare fuori i soldi e rimboccarsi le maniche. L'Aquila dovrebbe essere il simbolo dell'Italia che riemerge: dovrebbe essere una fucina di idee, per costruire con la migliore tecnologia, per recuperare uno dei centri storici più importanti d'Italia, per far largo ai giovani, per creare speranza e fiducia nel futuro. Questo dovrebbe essere, questo deve essere.

Adesso è solo il simbolo dell'Italia che siamo: piccola ed egoista, pronta nell'emergenza e incapace di guardare al di là del giorno dopo.

Io amo del mio paese quello che ho visto nei primi momenti del terremoto, quella vicinanza istantanea alla gente, quelle scene che non scorderemo mai. Io odio del mio paese gli affari, odio che la gente sia alla fine stata sradicata dai suoi luoghi senza una prospettiva, e sbattuta dentro a case asettiche e impersonali, e costretta pure a dire grazie.

Odio questo senso di sconfitta che ti pervade passeggiando tra macerie di una città moderna, odio questa rassegnazione del nostro paese, questo senso di disfatta. Mi viene voglia di fuggire e al tempo stesso di restare, per essere parte del cambiamento. Ma poi ad essere parte non riesci, e torni a desiderare solo di fuggire. Ma la città non può fuggire a farsi ricostruire in Germania, quindi forse è il caso che iniziamo a cambiare noi.

Claudia Acquistapace (Studentessa di Pisa)

I terremoti? Un'occasione per spendere denaro pubblico anche dove il sisma non ha fatto danni. Un  modello inventato in Campania e che in provincia di Campobasso ha raggiunto la sua perfezione.

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Martedì 15 Marzo 2011 13:38

Sismogramma in tempo reale dall'Aquila

Il Sismogramma delle ore 12,23 italiane del 11/03/2011 registrato da Sismotion L'Aquila a a 9675 Km dall'epicentro in Giappone 8,9 Ml la scossa ha impiegato 14 minuti per percorrere la distanza

Il sismogramma in tempo reale dalla stazione di L'Aquila eMotion provincia di AQ e' realizzato con il programma SEISMOWIN ed e' trasmesso al server e aggiornato ogni 5 minuti circa. Il grafico (drum) riporta i dati delle 24 ore precedenti, l'ora per convenzione e' indicata in UTC+0 per l'Italia  aggiungere +1 ora solare +2 ora legale.

Sismografo SisMotion - L'Aquila

Vai al SisMotion: http://www.laquilaemotion.it/sismografo/laquilaemotion/sismotion.html

Il Filo della Memoria:racconti, storie e testimonianze

FIL - Il sentimento dei luoghi

L'Aquila emotion